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MANIFESTA7 - PARALLELEVENTS
Flora Graiff e Lillo Gullo in mostra con:
"Beati, on the road in the room"
Testo critico di Luca Beatrice
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FLORA GRAIFF e LILLO GULLO in mostra a Manifesta7-parallel events con "BEATI, on the road in the room" con testo critico di Luca Beatrice, a Castel Toblino (Trentino) dal 16 luglio al 3 agosto, orario 17-21, martedì chiuso.
Beati. On the road in the room
Luca Beatrice
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.
Marcel Proust
“Alla ricerca del tempo perduto”
Chi sostiene che intraprendere un viaggio possa intendersi esclusivamente come il vagabondare
verso terre incontaminate dimentica che viaggiare è innanzitutto ricerca. Ricerca e contemplazione
del reale che solo il viandante inquieto, vestito di “nuovi occhi”, può riuscire a mettere a fuoco.
L’animo nomade è perseguitato da una perenne sensazione di disagio e d’irrequietezza ovunque si
trovi, mosso dall’incessante bisogno di trovarsi altrove, on the road.
Due sono i poli, opposti, di stare sulla strada: da una parte la velocità di mangiarsi l’asfalto correndo
tra percorsi sconosciuti, dall’altra l’elogio della lentezza, del godere nel perdere tempo e nel
soffermarsi sui particolari. Non è dato di sapere quale dei due modi colga meglio l’essenza del
viaggio. Sicuramente Jack Kerouac, preferendo il primo, ha spinto intere generazioni a correre
macinando chilometri, senza guardarsi indietro, nessuna paura di perdersi, negli occhi la voglia di
inseguire un sogno.
Esiste poi un secondo tipo di viaggio “into”, dentro, che è riflessione, osservazione e sosta. Perché
anche il fermarsi è parte integrante, se non essenziale, del proprio itinerario. Sostando tra le quattro
mura di un universo intimo e familiare, si scoprono angoli che parlano di storie individuali e dei
loro abitanti.
Dividiamo i nostri spazi quotidiani con le cose che li occupano. Ciò che ci circonda è il nostro
racconto per immagini. Gruppi di oggetti che cerchiamo di categorizzare secondo la vicinanza e che
hanno con noi: parentesi di interni fatti di utensili, quadri, poltrone, pentole, vasi. Tutti questi
elementi stabiliscono una silenziosa rete di relazioni che rendono viva ogni singola esistenza dal
momento che i nostri gesti quotidiani, volontari o inconsci, sono abituati alla loro presenza.
La stanza, lo spazio vissuto nell’intimo di una realtà domestica, tra estasi e mobilità, cova sempre
un segreto: è abitata da un imprevisto, non immediatamente percettibile, che ne conserva il mistero.
Stanza come intervallo tra interno ed esterno, limite architettonico, perimetro che separa l’universo
privato da quello pubblico.
“La distinzione corrente tra mondo esterno e mondo interno non esiste”; per il fotografo e poeta
Mario Giacomelli è il segreto dell’inquadratura che, non lasciando vedere tutto il visibile, trasforma
l’occhio in un organo prensile in grado di immaginarne il totale. L’inquadratura è il bersaglio
gradito dello sguardo onnivoro di un pubblico voyeur.
Flora Graiff ferma il tempo con eterei “fotopastelli” che restituiscono visivamente un’estetica
domestica e romantica alle parole del poeta Lillo Gullo. Immagini sgranate sfumano sulle tonalità
del grigio, come in quei primi tentativi che furono dei pionieri della fotografia, Niepce, Heinrich
Kuhn e Baron Adolf De Meyer agli inizi del ‘900.
In una simbiotica narrazione, i due artisti interpretano, ciascuno con il proprio linguaggio,
un’intimità che sopravvive al caos del reale: è la forza della dimensione privata e silenziosa che
vince sul rumore di ciò che è straniero.
Quadri statici di un universo fuori dal tempo ricordano nella grana certe nature morte del primo
Giacomelli (Natura morta con fichi, 1960) e del pittore Giorgio Morandi. Natura morta, dal tedesco
Stilleben, intesa però nell’interpretazione che ne danno i fiamminghi: all’aggettivo “morta”
sostituiscono il termine leben, il suo esatto contrario, “vita”.
Istantanee di vita, “still-life” che si lasciano guardare per la loro semplicità; luoghi appartati su cui
si è posato l’occhio attento di chi sa cercare - e non teme - il segreto che si nasconde nel silenzio di
una stanza.
Dall’insignificante domestico, da una porzione di cielo appena intravisto, da un angolo che pare
accennato, si può trarre nei lavori di Gullo e Graiff quello che la tradizione buddista giapponese
definisce lo Ichinen Sanzen: l’istante che racchiude tutti i fenomeni dell’esistenza umana e i tremila
mondi che la compongono.
“On the road in the room”, non la strada, ma la stanza è l’unica protagonista, palpitante riflesso del
mondo opaco che al suo interno omette e ingloba.
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